lunedì 16 maggio 2016

Le pagelle del Napoli - Stagione 2015/2016


Reina 6,5: Da quando è tornato a Napoli ha ridato ordine e sicurezza alla retroguardia, infondendole fiducia grazie alla sua enorme personalità. Molti gol sono partiti dai suoi rilanci chirurgici, e si è dimostrato quindi un valore aggiunto anche nell'ambito della manovra. Purtroppo, è apparso tutt'altro che impeccabile in svariate occasioni, e le parate memorabili rimangono pochissime. Merito anche della difesa. Ha dato e ha tolto, come si suol dire.


Hysaj 7: arrivato sotto l'ombra del Vesuvio con il marchio del bidone o, peggio ancora, del mediocre, l'esterno albanese s'è dimostrato affidabile, cattivo agonisticamente e molto accorto in difesa. Dopo un inizio shock sul versante sinistro, ha ritrovato fiducia e misure su quello che gli è più congeniale: quello destro. È ancora acerbo e poco determinato in certe circostanze, ma è ancora giovane e il futuro è tutta dalla sua parte.


Albiol 7,5: dopo un inizio in stile Benitez, Raul Albiol si ricorda di aver giocato nella Nazionale Spagnola più forte di sempre e ricorda, anche, il motivo. Torna leader della difesa e, nonostante i soliti svarioni negli uno contro uno e la sua ormai consolidata lentezza, blinda il reparto con esperienza. Merito anche del suo diretto compagno di reparto, Koulibaly, di cui parleremo dopo. Effettivamente, passare da Britos a questo Koulibaly e a Chiriches è tutt'altra storia.


Koulibaly 9: chi mi segue su Facebook potrà, forse, ricordare delle mie numerose uscite infelici nei suoi confronti. Nell'era Benitez e anche in una disgraziata amichevole precampionato ha mostrato il peggio di sé, lasciando trasparire ancora poca attenzione, inesperienza e scarsa lucidità. I mezzi atletici ci sono sempre stati, ma ho sempre ritenuto che un difensore, forte solo fisicamente, in serie A fa fatica. Sarri, così come aveva fatto con Rugani, rispedisce Koulibaly su un'altra dimensione di gioco, rendendolo un vero e proprio baluardo difensivo. Ha perso sì e no 2 o 3 duelli aerei in tutto il campionato, ha steso con la sua sola forza qualsiasi attaccante che gli si sia parato di fronte e, soprattutto, ha attirato le sirene dei grandi club d'Europa. Ma noi dobbiamo tenercelo ben stretto.


Ghoulam 7: rispetto al disastroso campionato precedente, abbiamo visto dei miglioramenti difensivi, soprattutto nelle diagonali. Purtroppo, i suoi cross non sono stati sempre infallibili (ad essere onesti alcuni si sono rilevati davvero osceni) ma in tante partite si sono dimostrati, invece, piuttosto pericolosi. È stata sicuramente una spina nel fianco per molti avversari, ma lo stesso discorso avanzato per Hysaj, vale per lui: deve migliorare.


Jorginho 8,5: nessuno sembrava più puntare un centesimo su di lui. Scalzato inizialmente da Valdifiori nelle gerarchie, ha preso in mano il centrocampo sciorinando numeri paurosi, e divenendo un elemento imprescindibile della squadra. Gli avversari hanno dovuto prendere le misure per fargli spegnere la luce, ma spesso è riuscito comunque a cavarsela. Il primo Jorginho aveva entusiasmato, il secondo deluso... il terzo, invece, ha certificato il suo reale valore.


Allan 7,5: meriterebbe un voto sicuramente più alto, ma il suo rendimento non è stato sempre costante. In troppe circostanze ha affannato paurosamente, anche a causa dell'assenza di un ricambio adeguato. Ma quando ha giocato da Allan, non ce n'è stato per nessuno: quest'anno ha imparato anche a segnare, il che lo renderebbe ancor più completo. Altro elemento imprescindibile, che va fatto rifiatare di tanto in tanto con un ricambio adeguato, visto che corre non per due, non per tre, ma per cinque.


Hamsik 8,1: qui c'è da fare una premessa. Ho sempre pensato che l'unico, grande limite di Hamsik sia stata la mancanza di personalità, elemento indispensabile nella vita di tutti i giorni, così come nello sport. Ebbene, Marekiaro ha finalmente ritrovato quella continuità di prestazioni persa con Benitez, ma nelle partite decisive ha sempre toppato, e per uno come lui è un peccato mortale. Un vero peccato, perché la manovra del Napoli, senza di lui, perde almeno il 40% della pericolosità. Finita la premessa, l'8 è meritato. Perché 8,1? Semplice. Per i gol segnati in Serie A. 81. Per aver raggiunto Maradona in questa speciale classifica, proprio nella giornata dei record. Quando ha giocato da Hamsik, la differenza s'è vista, e come.


Insigne 7: non sono mai stato un estimatore di Insigne. Ho sempre reputato quasi inutili i giocatori incostanti nel rendimento, e Insigne rientra a pieno merito in questa categoria. Un giocatore talentuoso, ma dall'egoismo spropositato: spesso s'impunta nel voler tentare il colpo da campione, la giocata di fino, ad effetto, per impressionare. Perché lui è Lorenzo il Magnifico, il fuoriclasse. No, Lorè. Tu non sei un fuoriclasse. Sei un incompiuto. E lo dimostrano i 12 gol e le decine di assist da registrare... quasi esclusivamente nel girone d'andata! Dopo il fatal febbraio, infatti, Insigne è tornato a smarrirsi, tentando sempre quella giocata forzata, quel tiro spettacolare, quel dribbling scontato, che ormai conoscono anche in Cambogia. Un talento sprecato. Non posso dargli un voto più alto. Può, e deve, fare di più. Per sé stesso, innanzitutto.


Callejon 8: ha segnato "relativamente" di meno rispetto agli altri anni (13 gol complessivi tra campionato e coppe) ma il suo solito lavoro sporco è stato, come suo solito, notevole. Nel 4-3-3 sarriano trova una collocazione ancor più decisiva, dedita comunque al sacrificio, come ai tempi di Benitez. Altro elemento imprescindibile.


Higuain 36: voto scontato. Sì, 36. Come le 36 perle di una stagione allucinante. Forse irripetibile, sperando di esser smentito. Passare da due rigori decisivi mandati sulla Luna a battere un record che reggeva da 66 anni, sfiorando la scarpa d'oro negatagli solo da il miglior Suarez di sempre è una favola calcistica da raccontare ai posteri. E solo uno con la sua personalità poteva riuscire in un'impresa del genere. Higuain è un fuoriclasse a tutto tondo, nel carattere e sul campo. E gli perdoniamo anche quei nervosismi di troppo.


Gabriel 4,5: un voto forse ingeneroso, ma figlio di un errore che ha inevitabilmente cambiato la stagione. Mai impegnato durante quei pochi stralci di Europa League disputata, ha sostituito Reina come peggio poteva in campionato, dimostrando di non essere all'altezza. Non si giudica un calciatore da una singola partita, è vero, ma io ricordo ancora vivamente le papere di Gabriel con la maglia del Milan, e fare il fenomeno in B con una difesa di categoria superiore non basta. Il rigore parato neanche basta a salvarlo. Nelle poche volte che è intervenuto ha dimostrato pochezza tecnica ed insicurezza, un mix imperdonabile per un portiere. Per fortuna, tornerà alla casa base. Il Milan, che di portieri talentuosi ne ha già abbastanza. Quindi il suo futuro sarà sicuramente altrove. Lontano dal Milan, e si spera, anche dal Napoli.


Chiriches 7,5: la vera sorpresa. Non conoscevo questo ragazzo, e da Tottenham arrivavano voci tutt'altro che rassicuranti. Il problema del conte Vlad è che tende a strafare: l'abbiamo visto contro il Chievo. Ma contro i clivensi abbiamo visto anche un suo gol, così come in Europa League. Sui calci d'angolo è estremamente pericoloso, e sa giocare bene palla al piede. Non ha mai fatto rimpiangere né Albiol, né Koulibaly. Per una rosa competitiva, lui rappresenta indubbiamente un ottimo rincalzo.


Strinic 5,5: dopo aver mostrato buone cose gli anni precedenti, Strinic non ha saputo confermarsi, mostrando un'affidabilità inferiore rispetto all'anno scorso. Un prestazione da schiaffi a San Siro contro l'Inter ha complicato il resto. Niko Kovač, ex C.T. della Croazia, disse di lui: "deve avere più cattiveria agonistica". Non possiamo dargli torto.


May, You Die 5,5: sì, stiamo parlando di Christian Maggio, chi mi conosce ormai lo sa. Anche lui, dopo un inizio orribile, si è prestato ad essere un discreto rincalzo, ma le quotazioni di Hysaj sono salite così tanto da non permettergli di scendere quasi mai in campo. Un mezzo voto in più per il buon apporto dato quando è sceso in campo da subentrato o in Europa League, ma non è più adatto a questo Napoli.


Valdifiori 6: una stagione meno negativa di quello che si potrebbe pensare. Sicuramente non è Jorginho, ma non è neanche un guaio di notte, come si dice spesso qui a Napoli. Valdifiori ha pagato l'inizio sfortunato della squadra, una certa lentezza e l'aver fatto rimpiangere il suo collega italobrasiliano nelle partite che contavano (Villarreal, per esempio). Ha comunque mostrato ciò che di lui già conoscevamo: ottima visione di gioco e piede chirurgico. Ma potrebbero non bastare per una riconferma.


David Lopez 6,5: un mestierante che svolge la classica "vita da mediano", che non sempre ha demeritato. I suoi limiti tecnici e fisici sono notevoli, ma spesso il suo apporto è stato più che utile. Certo, non è Allan, e neanche Hamsik, ma forse si tende a crocifiggerlo troppo.



El Kaddouri 6: sul voto pesano gli errori madornali sottoporta contro Roma e Milan, errori che, per fortuna, Omar non ha ripetuto. Quando è entrato ha dimostrato ottime doti tecniche, qualità già ben note. Ciò che gli mancava ai tempi di Mazzarri era una dimensione tattica ben definita, ma tali colpe vanno imputate soprattutto al tecnico livornese; Sarri ha dato ad El Kaddouri una nuova identità tattica come vice Callejon, e il suo contributo da subentrato è stato più che buono, con qualche gol e numerosi assist. Peccato per quegli imperdonabili errori...


Mertens 6,5: voto di delusione. Può, e deve, fare di più, come Insigne. Ha mezzi tecnici mostruosi, ma nei momenti importanti tende ad innervosirsi troppo e a forzare la giocata. Quando si tratta invece di giocare a brighe sciolte, la differenza si vede. E Mertens diventa devastante. Rimane comunque una riserva di lusso da tener a tutti i costi.


Gabbiadini 7: anche lui, nelle grandi partite, non è riuscito a dare l'apporto sperato, ma la colpa non è stata solo sua. Quando è stato chiamato a sostituire Higuain non ha mai demeritato, esibendosi in giocate ottime e marcando numerosi gol sia nelle coppe che in campionato. 9 reti complessive in 30 presenze, queste ultime quasi tutte da subentrato. Un bottino non indifferente. I segnali di una sua permanenza, però, sono tutt'altro che positivi.

Sarri 9: sin dal suo approdo in terra partenopea, Don Pietro specificò senza alcuna esitazione di esser abituato alle indifferenze delle piazze al suo arrivo. Era successo ad Empoli, è successo a Napoli. I risultati, però, sono stati alquanto evidenti. Dopo un inizio sfortunato e balbettante, è stato un anno pregno di record personali per la S.S.C. Napoli: maggior numero di vittorie in un campionato a 20 squadre, maggior numero di vittorie in casa, imbattibilità casalinga, maggior numero di vittorie consecutive (8). Poi c'è il record di Higuain. Tutto questo, dopo la fallimentare stagione con Benitez. Dopo il dramma di Bilbao. Dopo le sfortunate semifinali contro Lazio e Dnipro. Dopo la Champions soffiata dagli 11 metri. Ancora a vantaggio di quella maledetta Lazio, oggi tornata nel grigiore più totale. Non è mai facile risorgere da un disastro simile, ma Sarri, vestito d'umiltà e di una tuta ormai divenuta iconica (forse poco elegante, ma a noi che importa?) ha messo in campo uno tra i Napoli migliori di sempre, anche tornando su suoi passi in seguito alla comprensione di errori di valutazione (fondamentale il passaggio dal 4-3-1-2 al 4-3-3). Altra bella favola da raccontare. Che sarebbe potuta divenire miracolo. Ma forse, per i miracoli, non siamo ancora attrezzati.

martedì 3 maggio 2016

Claudio Ranieri: una favola a lieto fine piena d'intermezzi nefasti


Ammetto senza problemi di non aver assistito a gran parte delle partite disputate quest'anno dal Leicester. Per quel poco che ho visto, ho potuto ammirare una squadra dal tipico stampo "ranierano": compatta, senza fronzoli, ben messa in campo, compatta e semplice, senza schemi ridicoli, possessi palla inutili e giocate ad effetto. Nonostante i pochi match assistiti, anche io mi sono fatto contagiare dalla "febbre Leicester", come tutti i tifosi del mondo. Spiegare una fenomenologia simile è abbastanza semplice: durante la nostra esistenza ognuno di noi ha dovuto ingoiare il boccone amaro della sconfitta, dell'inferiorità, dello sconforto, appellandosi ad un sogno che non esiste, ad una speranza svanita, ad una favola non nostra. Il Leicester è la favola non nostra che tutti vorremmo vivere: quella del riscatto, dell'impegno, "against all odds" (contro ogni pronostico), come cantava Phil Collins. È lo specchio di una vita che tutti vorremmo vivere: quella della gioia finale, quella arrivata grazie all'impegno, alla sofferenza, dopo le delusioni, lo sconforto, sensazioni che tanti protagonisti in casa Leicester hanno vissuto prima di questa mastodontica vittoria. La giusta ricompensa. Ma è una favola nata per caso, maturata di vittoria in vittoria, dall'obiettivo "salvezza" a quello "giochiamocela con tutti e vediamo che succede". Dietro questa favola di vincenti, si cela la penna di uno scrittore che, nel corso degli anni, ha ricevuto, come marchiata a fuoco, la stigmate del perdente. E chi altri se non lui. Sir. Claudio. The King Claudio.

Ho provato ad immaginarmi un dialogo tra lui e sua madre, in quel famoso ritorno a Roma da lui annunciato prima di Chelsea-Tottenham. Chissà, magari le avrà detto: "Mamma, alla fine le mie sofferenze e i miei sforzi sono state ripagati", o chissà, magari le avrà semplicemente chiesto: "Oggi che mangiamo di bello?". Conoscendo la sua semplicità, quest'ultima opzione non sarebbe da scartare. Sforzi e sofferenze ripagate. Sì, perché la sua carriera è stata costellata di grandi imprese, ma soprattutto di cocenti delusioni. Quelle che ti schiacciano al suolo proprio prima della linea del traguardo. Quelle che ti fanno illudere di esser vicino al sogno, ma che ti trascinano in un incubo proprio sul più bello. Poi ti risvegli, e ti ritrovi in mano con un pugno di mosche e il magone del perdente. Quattro secondi posti, una semifinale di Champions, tante finali perse (ma anche vinte). Tra quei quattro secondi posti, ce n'è uno che brucia. Brucia ancora. Ma forse, adesso, quell'incendio si sta spegnendo. Chissà cos'avrà pensato Ranieri quando Pazzini lo risvegliò dal sogno di una vita: portare al trionfo la propria squadra del cuore. Chi non l'ha mai fatto un sogno simile, suvvia? Da calciatore, da allenatore, da presidente, da massaggiatore... il ruolo del protagonista non importa: qualsiasi tifoso in erba ha sognato almeno una volta di portare alla vittoria la propria squadra, e Ranieri ci stava riuscendo. Chissà cos'avrà pensato, Ranieri, dopo la vittoria dell'Inter a Siena.

"Forse non me lo merito?".
"Vincerò mai qualcosa?".

Chissà se avrà mai pensato che il fato, a cui vorremmo tutti credere ma che nella realtà è solo un susseguirsi casuale di azioni e reazioni, gli avrebbe riservato un finale così clamoroso. Il perdente per eccellenza, bistrattato e criticato da tutti, che scrive la più grande favola della storia del calcio inglese. No, siamo sicuri che non ci ha mai pensato. E forse, grazie a lui, tutti noi dovremmo ricominciare a pensare in grande, ma non illudiamoci: le favole non sono per tutti. C'è chi ha la fortuna di viverle da protagonista e chi, invece, le può vivere solo da spettatori.

giovedì 11 febbraio 2016

Galactic Bus Dossier



Sottotitolo: Vicissitudini, litigi e ordinaria amministrazione in una classica serata trascorsa su un bus di periferia.

Ore 20:11. Il suo sguardo s’allunga verso la profondità della strada, in attesa di quell’enorme scatolone con le ruote. E con quell’insegna luminosa in alto. Che detta senza alcun fraintendimento. Linea 803. Uno tra i traghettatori di tutte le anime che rimangono impassibili davanti ai suoi occhi e dietro le spalle. Solo alcune di esse avrebbero fatto il loro trionfale ingresso all’interno del prossimo bus. O forse tutte. O forse nessuno. Chi può saperlo? Il suo sguardo s’allunga ancora verso la profondità della strada. Nessuna insegna.

Ore 20:17. La sua occhiata stavolta centra in pieno l’imminente arrivo dello scatolone. L’insegna luminosa detta. Linea 80 e qualcosa. L’ultimo numero è qualcosa che ricorda vagamente un 3. Ma in realtà sembra un 8. Forse il dilatarsi oltremodo di quell’attesa ha ingannato i suoi sensi. Forse non è neanche un 80 e qualcosa. Forse quel primo 8 è un 3. L’insegna diventa sempre più grande. 808. Le anime rumoreggiano, in un brusio sottile e iracondo allo stesso tempo. “Quando arriva l’803?”. “Ma dove sta, in America?”. Anime agitate, in perenne attesa e speranza. lui, rimugina in silenzio, mentre le sue cuffie lasciano esplodere “Around The World” dei Red Hot Chili Peppers. “In giro per il mondo”? Non quello su cui posava attualmente i suoi piedi. In attesa dell’insegna.

Ore 20:24. 803. Il numero magico. L’attesa è finita, andate in pace. Anzi, no. La pace è appena finita. Le anime si accalcano ai nastri di partenza per invadere lo scatolone e lasciar sprofondare i loro culi stanchi, ma non tutti realmente bisognosi di conforto, sul primo pezzo di plastica disponibile. Il bus si ferma, la frenata equivale allo sparo prima dello scatto di un centometrista. Le anime partono ai nastri di partenza. Si fiondano su ogni forma geometrica vagamente somigliante ad una sedia. Lui non fa una piega, entrando nello scatolone mentre gli altri duellano per un posto. Pensa buffamente che qualcuno potrebbe fare loro uno scherzo: inserire una sedia di cartone di colore arancione; la loro sete di posto li porterebbe a fiondarsi anche su un miraggio come quello. Le sue cuffie lasciano esplodere “Apres la pluie” di René Aubry.

Ore 20:32. Le finestre semichiuse lasciano entrare sospiri gelidi, che mai però riuscirebbero a raffreddare gli animi surriscaldati che ruggiscono in quello scatolone. Lo schermo posto in alto, nei pressi dell’abitacolo del conducente, segnava l’orario. Le prossime fermate. I messaggi pubblicitari. Quello schermo, tecnologia. Tutto intorno, il degrado. Imbottiture di sediolini diveltate, ragazzocci urlanti, mendicanti stranieri dall’olezzo insopportabile. E al centro lui, in piè, mentre le sue cuffie lasciano esplodere “Disorder”, dei Joy Division. Mai canzone più azzeccata, pensa lui. Fino a quel momento.

Ore 20:38. I ragazzini continuano a scalmanare. Lui sente solo urla indistinte, la musica lo isola da quei fastidiosi schiamazzi. Uno dei presenti si ribella. Agita il braccio contro quei mocciosetti come se stesse brandendo un randello. Forse, la violenza dei colpi di quel signore iracondo avrà la stessa efficacia di un randello. Avvolto dalla musica, lui intuisce che tra quei bambini irritanti e quell’uomo spazientito sta per scatenarsi un big bang. Uno scontro che avrebbe fatto vomitare, da quel malandato bus, la residua aria gelida che s’insinuava tra i finestrini e il fetore languido, ma irritante, rilasciato dai pendolari. Lui è convinto che tutti assisteranno allo spettacolo senza battere ciglio. Come ad un incontro di Wrestling alla TV. E lui è convinto che egli stesso, non avrebbe fatto nulla, defilandosi da quel ring e intrufolandosi nell’indifferenza più totale. Dalle sue cuffie esplode l’intro delirante di “Gypsy Escape” degli Arthur Brown’s Kingdom Come. Fuga gitana, come quella che tutti i presenti avrebbero messo, a breve, in atto.

Ore 20:39. Le urla lancinanti dei contendenti sovrastano il suono delle cuffie. Gli assoli frenetici della tastiera vengono eclissati dagli ululati prodotti da quelle fauci pregne d’odio, di indifferenza, di sconosciuto e ingiustificato rancore. Qualcuno prova a dividerli. Qualcuno ci riesce. Ma la paura e l’omertà, rimane. Quella non la scaccia via nessuno. Tutti se ne lavano le mani. Qualcuno prova a calmare quel signore iracondo, facendogli chissà che discorsetto moralista patetico. Lui, nel frattempo, vive ancora con gli Arthur Brown’s Kingdom Come nelle orecchie. Con una maschera di noncuranza fuori, un tumulto d’agitazione dentro. Mai canzone più azzeccata, pensa lui. Più di quella di prima.

Ore 20:43. La sua fermata d’arrivo si sta avvicinando. Presto sarà liberato da quella prigione d’alluminio, tubi, ferraglia e carburante. Presto potrà svestirsi di quella maschera stoica, fuggendo da quella folla malsana che lo attornia. I contendenti di quell’accesa lotta sono stati distanziati di una manciata di metri. I ragazzini inchiodano il loro sguardo verso il basso. L’uomo invece incolla il proprio su di loro come ad attendere la loro ennesima marachella. Lui continua a farsi sommergere dalle note frenetiche di “Gypsy Escape”. E nel frattempo, continua a posare freneticamente i suoi occhi sull’orario.

Ore 20:45. Uno dei ragazzini solleva il capo, alzando la china in modo istantaneo, brusco, violento. Tutti i passeggeri girano i propri occhi su quella sagoma inquieta, all’unisono, attirati da quel gesto pregno d’inquietudine. Lo scapestrato si dirige verso il conducente, a passo svelto, frugando qualcosa nella tasca destra. Una lama. Il colpo è immediato, nessuno riesce a contrastarlo. Coltellata diretta al braccio destro del conducente. Due. Tre. Quattro. Velocissime. Qualcuno prova ad avvicinarsi e a fermarlo, ma il ragazzino omicida ha già aperto la porta dell’abitacolo, rifilando altre due pugnalate all’autista. Qualcuno riesce ad avvicinarsi, ma l’impeto di coraggio viene smorzato da una fredda minaccia. “Fermo o t’ammazzo anche io, e vi schiantate tutti contro un muro!”. Lui è riuscito a scandire le lettere di quell’avvertimento anche con le cuffie che esplodevano. Ma pensa che è arrivato il momento di zittirle, per un momento.

Ore 20:48. Nessuno prova ad avvicinarsi al baby-autista/baby-killer/baby-gangster/baby-esaltato/baby-qualsiasialtracosa. Quel baby-incosciente dà sempre più gas, direzionando lo scatolone senza meta. Senza destinazione. Pronto a schiantarsi contro una parete. Contro un palo. Contro un’altra automobile. Qualcuno prova a sfoderare i propri cellulari, dalle borse, dalle tasche, per chiedere aiuto. Per filmare l’accaduto, come se fosse una scena del cazzo di un film del cazzo di Hollywood. Lui immagina d’intervenire. Magari di diventare l’eroe della situazione. Di riuscire con una manovra degna di un bodyguard a silurarlo fuori da quell’abitacolo, quel baby-folle. E nel frattempo, tutti sembrano essersi dimenticati del vero autista. Accoltellato. Giacente a terra. Privo di sensi. Sdraiato su una pozza di sangue, con gli occhi schiusi verso le lamiere che gli occultano il cielo.

Ore sconosciute. Lui immagina di salvare tutti. Ma non riesce neanche a proferir parola. Non riesce neanche ad esprimere col verbo tal terrore. La sua faccia, spoglia di quella maschera d’indifferenza indossata prima, lascia però trasparire ciò che alcuna parola riuscirebbe a decifrare. Qualcuno riesce a fare ciò che aveva immaginato lui. L’eroe improvvisato. Anzi, l’eroina improvvisata, una donna sulla trentina. Approfitta di un momento di distrazione del baby-conducente. Apre la porta mezza aperta dell’abitacolo. Rifila un violento calcio al braccio destro del baby-contuso. Lo stesso braccio che ha retto, per tutto il tempo, quel pugnale a sorpresa. Un forte gancio destro per stenderlo, e una brusca frenata per inchiodare al suolo quello scatolone fuori controllo. L’eroina è arrivata. Lui, è salvo. Senza aver fatto nulla. Come salvato dal caso. Tutti escono dal bus, liberi dai morsi della paura. Il conducente ferito viene soccorso. Il baby-steso, chi lo sa. Lui non si crea il problema d’interessarsi. Vede giungere un altro scatolone in distanza, dal lato opposto del marciapiede. Linea 803. Lo riporterà a casa.

Ore 21:20. Uno sguardo all’orologio che ticchetta dentro le mura amiche. I vestiti sudici posizionati sulla lavatrice. Doccia. Cena che lo aspetta dopo quel bagno purificatore. Che non lo pulirà dalle scorie sporche della sua coscienza. Non ho fatto niente, pensa. Non ho mosso un dito, rimugina. Sono ancora vivo, suppone. Ma realmente vivo? Questiona.
La cena è pronta. In TV proiettano le immagini del bus maledetto. Il baby è stato arrestato. A lui gli viene domandato:
“Oddio, hai visto che è successo? Ma non è la linea che prendi tu?”.
La risposta:
“Sì, ma non ne sapevo nulla. Credo di aver preso il bus successivo”.



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Galactic Bus Dossier di Giuseppe Senese è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Based on a work at http://dogmaxpeppe.blogspot.it/2016/02/galactic-bus-dossier.html.

La squadra delle bestie nere del Napoli: 2016 edition!

Ogni tanto, come qualcuno di voi saprà, mi diletto a creare una ipotetica formazione che, anche contro il miglior Napoli di sempre, vincerebbe a man basse. Stiamo parlando della squadra delle BESTIE NERE, giocatori che contro gli azzurri si rendono spesso e volentieri protagonisti di prestazioni e goal sensazionali, e vengono ricordati dai tifosi partenopei sempre con molto timore e, in periodi positivi come questi, con un pizzico di sorriso. Alcuni di essi in realtà sono (od erano) campioni affermati, ma comunque continuiamo a considerarli come bestie nere, e presto vi spiegheremo perché.

GK - Mirante: nato a Castellamare di Stabia, cresce nelle giovanili della Juventus. Un napoletano che cresce tra le fila della vecchia signora… già un buon motivo per esserci poco simpatico! Come se non bastasse diventa pure decisivo trasformandosi prima in un baluardo in un Parma-Napoli 2-2 che condannò in parte gli azzurri al mancato aggancio al 3° posto nella stagione 2014/2015, poi risultando sempre determinante in un Bologna-Napoli 3-2 che rovinò i primi tentativi da "primatista" del Napoli di Sarri targato 2015/2016; durante la sua carriera le sue prestazioni sono state sempre discrete, ma contro il Napoli sembra scatenarsi ulteriormente. Attualmente è lui il portiere "bestia nera" per eccellenza.

LB - Rubin: in difesa è difficile intercettare una possibile "bestia nera" (ci divertiremo quando andremo ad analizzare il reparto offensivo), ma Rubin può rientrare in questa lista grazie al suo "unico", quanto pesantissimo, gol in Serie A. Ovviamente è facile indovinare contro chi sia stato siglato. Anche in tal caso, si parla della fatal Bologna: un 2-0 secco firmato da Diamanti e, per l'appunto, da Rubin, estromettono il Napoli dalla lotta per la Champions League nella stagione 2011-2012, con l'esterno difensivo protagonista di un grandissimo tiro di sinistro da posizione defilata. Insomma, da come avrete capito, la terra felsinea non sembra portar particolar fortuna agli azzurri in questi ultimi anni.

CB - Sokratis Papastathopoulos: anche qui la scelta è stata dura, ma nelle poche occasioni in cui questo difensore s'è scontrato contro la compagine azzurra, ha quasi sempre fatto la parte del leone. Primo gol in Serie A? Genoa-Napoli, ovviamente, con un incursione da centravanti puro ed un sinistro quasi pachidermico, ma preciso, che beffa il mai rimpianto Gianello. Sontuosa anche la sua prestazione nel match decisivo di Champions tra Borussia Dortmund e Napoli, dove i tedeschi s'imposero in casa per 3-1. Buoni motivi per inserirlo nella nostra formazione.

CB - Martin Caceres: 4 gol in 75 presenze in Serie A per il duttile difensore uruguaiano, spesso vittima di una certa incostanza nelle prestazioni. Non contro il Napoli, ovviamente, dove ha siglato ben due delle sue quattro marcature in Serie A. Una, tra l'altro, particolarmente decisiva, in un Napoli-Juventus 1-3 che gelò il San Paolo: fu di Caceres, infatti, il gol del 1-2 per i bianconeri, viziato tra l'altro da un leggero fuorigioco. I tifosi azzurri sperano di incrociarlo il meno possibile, d'ora in poi.

RB - Gennaro Sardo: nativo di Pozzuoli, Sardo ha sempre alternato buone stagioni ad altre da comprimario. Divenuto uno tra i giocatori più rappresentativi della storia calcistica del Chievo Verona, il terzino destro napoletano non può certo vantare uno spiccato senso del gol. A meno che non c'è il Napoli da affrontare. Sì, la squadra della sua città, che come suoi tanti "celebri" colleghi compaesani diventa la sua vittima preferita. Due marcature sulle sue otto complessive in Serie A sono state proprio ai danni degli azzurri: la seconda, soprattutto, verrà ricordata come uno tra i gol più belli della stagione 2013/2014, con un potentissimo destro sotto l'incrocio dei pali da posizione defilatissima. C'è da dire che anche contro la Juve ha siglato una rete memorabile, ma il suo accanimento "sportivo" contro il Napoli è ben noto tra noi tifosi.

CM - Panagiotis Kone: arriviamo in zona calda. Negli ultimi anni per i supporters azzurri il nome "Kone" sembra aver acquisito una valenza pari a quello di Voltemort nella saga di Harry Potter: non va nominato! Nonostante non risulti uno tra i centrocampisti più prolifici di sempre (28 gol totali in 247 partite ufficiali nei club più due gol in nazionale), Kone è uno specialista nei gol difficili. E ben tre li ha infilati proprio dietro le spalle di un portiere azzurro, sempre al San Paolo! Prima una sforbiciata volante (che quasi stava per vincere il prestigioso premio Puskas!), poi un precisissimo tiro a giro che ci calciò fuori dalla Coppa Italia, poi un destro al volo, sempre in Coppa Italia, che quella volta, per fortuna, non ebbe conseguenze, visto che il Napoli vinse poi ai rigori. Le prodezze sporadiche di Kone, però, rimangono, e la regolarità di eurogol contro di noi è divenuta ben nota non solo ai tifosi partenopei, ma anche da tutti gli esperti di calcio.

CM - Carlos Carmona: primi due gol in Serie A, due prodezze da fuori. Contro il Napoli, ovvio! Non ci piace fare le vittime… queste cose capitano a tutte le squadre, ma Carmona s'è comunque guadagnato un piccolo spazio nel cu…ore dei napoletani grazie a queste due prodezze, entrambe decisive visto che il Napoli perse ambo le partite. Carmona è la prima bestia nera che andremo a pescare dall'Atalanta, formazione che ci è sempre stata particolarmente ostile… infatti, non temete, ci saranno altri "fenomeni" che pescheremo in terra orobica.

CM - Paul Pogba: è vero, stiamo parlando di un campione. Candidato al pallone d'oro, inserito nella formazione dell'anno targata 2015, il "polpo" può potenzialmente diventare una bestia nera per molti. Ma contro il Napoli sembra trovarci gusto! Tre eurogol in cinque apparizioni contro gli azzurri: tutti e tre al volo, di sinistro o di destro, non ha importanza… nonostante Pogba sia avvezzo a gol del genere, una regolarità simile non l'ha ancora trovata con nessuno. Nota finale: immagino che sia inutile dirvi contro chi ha segnato il suo primo gol in Serie A, vero?

ST - Davide Moscardelli: eccoci nella zona "clou" della nostra formazione. Non potevamo non partire con colui che, negli ultimi anni, è stato riconosciuto come la "bestia nera per eccellenza" degli azzurri: Davide Moscardelli. Dodici gol in Serie A, una manciata di apparizioni contro gli azzurri. Due reti, entrambe in casa del Chievo, altra "simpatica" squadra che sembra divertirsi a mettere i bastoni tra le ruote ai giocatori azzurri, per essere poi seppelliti di reti e sconfitte dalle dirette concorrenti del Napoli. I due gol di Moscardelli rimarranno impressi nella memoria dei tifosi napoletani "forever and ever", come direbbero in lingua anglosassone: il primo è un clamoroso tiro a giro di sinistro da posizione sempre defilatissima (negli ultimi anni tra le nostre fila forse solo Insigne è riuscito a siglare gol del genere), il secondo è un gentile regalo di Ignacio Fideleff, che verrà ricordato da tutti noi principalmente per quell'assist al "Mosca". Dopo aver ottenuto i suoi momenti di gloria contro gli azzurri, "Re Davide" otterrà celebrità più per aver pubblicizzato il suo look da montagnaro che per i gol. Nonostante ormai tra i supportersi napoletani "bestia nera" faccia rima con Moscardelli, c'è chi è riuscito a fare di meglio… o di peggio… dipende dai punti di vista!

ST - Sergio Floccari: stiamo parlando di una punta estremamente tecnica, ma non certo famosa per le sue valanghe di gol. Molti tifosi del Napoli non si ricorderanno di lui, ma basta riportarvi uno stralcio di un'intervista riservatagli alla fine di un Lazio-Napoli 2-0 per farvi capire che Floccari, nell'11 titolare di questa squadra, non può proprio mancare: "Il Napoli? E' il mio portafortuna, è la squadra a cui ho segnato il maggior numero di reti". Ipse Dixit. Tra Atalanta, Genoa e Lazio, Floccari ha segnato contro gli azzurri con una regolarità impressionante, fermandosi, per fortuna, una volta approdato al Sassuolo. Adesso, però, è passato al Bologna, squadra "bestia nera" per noi. La somma di due "bestie nere" fornirà una SUPER bestia nera o annullerà il loro potenziale? Ai posteri l'ardua sentenza.

CF - Pato: un campione mancato, colpa soprattutto di tanti infortuni. C'è chi ha segnato di più al Napoli in carriera (Di Natale e Del Piero, per esempio, che non inserisco nella classifica perché si trattano di due campioni che hanno segnato grappoli di gol a chiunque in Serie A, a differenza di altri), ma Pato sembrava aver un certo "amore" per i colori azzurri. Primo gol in Serie A, più scontato e banale di un film con Boldi e De Sica, ed altri due gol d'autore nelle poche apparizioni contro gli azzurri lo rendono meritevole del posto di titolare in attacco, anche se la scelta è stata difficile.

Panchina: si parte da due portieri che, per un motivo o per un altro, meritano almeno di esser menzionati. Pegolo, sin dai tempi di Siena, ha sempre sciorinato grandissime prestazioni contro il Napoli, ma c'è da dire che l'estremo difensore è sempre stato sottovalutato da tutti, e contro di noi non sono state le uniche volte in cui s'è fatto valere. Stesso discorso non si può fare per Bardi, che ha deluso su tutti i fronti, anche una volta al San Paolo, dove prese quattro palloni ai tempi di Livorno; la sua prestazione assurda in un ormai celeberrimo Napoli-Chievo 0-1 (sì, sempre il Chievo) verrà ricordata da molti, sia per il rigore parato al Pipita Higuain, sia per le statistiche di quel match, che narrano di 33 tiri, di cui 9 in porta, tutti respinti. Da menzionare poi Parolo, visti il suo primo gol in Serie A, altra rete col Cesena e marcatura decisiva al San Paolo con la Lazio. Partiamo dagli attaccanti di "scorta", che quando vedono "azzurro" si scatenano come i tori di fronte al rosso: Bianchi, che ve lo dico a fare? Vicinissimo a vestire la maglia partenopea ai tempi del Napoli di Reja, con qualunque maglia ci ha castigato incondizionatamente; da ricordare un triste Bologna-Napoli 2-2, con l'unica doppietta segnata in chissà quanti anni. Denis, dal suo trasferimento all'Udinese, sembrava prenderci gusto a segnarci, da buon ex criticatissimo qual è. E quando non segnava, sfornava assist. Per fortuna, è emigrato lontano da noi, all'Indipendiente. Menzione finale per Eder, autore di 5 reti nelle ultime 5 partite contro gli azzurri, e Larrivey, che nella sua fallimentare esperienza italiana verrà ricordato soprattutto per una tripletta di testa a De Sanctis, e per aver segnato 4 dei suoi 10 gol italiani proprio al Napoli.

E voi? Quali bestie nere ricordate con più (dis)piacere?